È aprile. La vecchia diva del rock recita poesie romantiche inglesi. Colpita dalla peste moderna, a un passo dalla morte, non ha mollato: il suo respiro ci porta dove il tempo scandito dalle rime cerca l’incanto. Marianne anima i versi di Byron e Keats sulle trame di una squadra di musicanti. La voce percorre un cerchio magico di archi, pianoforte e acquerelli. Lo stregone Ellis accompagna, la realtà è nel suono delle parole, non ha tempo. È aprile, Rachele Bastreghi, voce algida dei Baustelle licenzia il suo esordio solista, costruito di elettronica spirituale, come un carteggio personale, frammentato. Usa il fantasma della rabbia, lavora con la trasformazione. I suoi brani richiamano altre voci e altri corpi al ballo notturno, lei canta e un collettivo le fa eco. Ritmo e fervore dopo la festa lasciano segni lucidi sulla pista: intimità. In questo stesso tempo la voce accogliente di Norah Jones chiude l’arco notturno, sembra una pace: il suo primo live fa un gioco da club, si muove sulla rotta dei classici. Siamo in un posto rispettabile, un cameriere porge bicchieri di malto al pubblico fantasma. Il congegno si rivela quando la voce affonda nel nero del repertorio, parla d’amore ma è un agguato, lo affronta e canta fin dentro il dolore. Il concerto lo chiude «Black hole sun» di Chris Cornell, morto suicida dopo l’ultima esibizione, su questo stesso palco.
Per camminare nella bellezza non si rifugge il male. Inutile cercare un senso, quando è tempesta e manca il tempo. Un pensiero di donna declinato in tre voci, mostra la strada.
Di qua, la primavera.
Marianne Faithfull/ Warren Ellis – She walks in beauty
Rachele Bastreghi – Psychodonna
Norah Jones – ‘Til we meet again
(April 2021)