Chiediti dove sei, in quale sogno che mischia fantasmi e architetture, case reali e disegnate, nella placenta dove affaccia una scogliera, cercando il tempo che non ne vuole più. Ti sei vista che imparavi a galleggiare, come un pesce messo in mare da una vasca; c’era un dolore in acqua, nel mezzo di una strofa, in una riga che era citazione, sembrava viva. C’erano gli occhi di tuo padre sempre altrove, e lei a sentirti il petto. Poi il sogno s’interrompe, per un disturbo, una secca di stagione. Un amo.
Quel tuo amico che non vedi più
non è scomparso
fa l’agente dei ricordi
cancella quelli troppo pieni
di dolore
Gli occhi addosso raccomandano bellezza, parole e proposte sono uguali, la conclusione è una: la cura proferita da chiunque non è cura, ma indecenza. Da ogni luogo tu vorresti andare, ma non controlli l’acqua, sei fatta d’acqua e nasci da affluente, per diventare un fiume o una cascata. E sei un rivolo di pioggia, poi un torrente. E sei una fogna.
La gente ti guarda e non capisce, vuole una goccia, un sorso e non si ferma, vuole una parte a forza. Raccontano che i riti funzionano nel mezzo della folla. Perciò ti senti sola.
Quel che ricordi e non altro fa il racconto, la fila di orizzonti e temporali: in una scuola, in una sacrestia, nella tua stanza, ti cerchi nuda per poterti sopportare. Sapevi a chiacchiere cos’era la tristezza, com’era bello amare. Sentivi all’infinito una canzone, prendevi tempo per non renderti conto che ti mancava un gesto, una persona. La distrazione ti prendeva gli occhi con la luce, te li perdeva a notte fonda, e poi le stelle. Quando l’estate tremava di calore, si percepiva morta.
In dei momenti la paura
congela forte la memoria
ripete la tua storia cento volte
finché ti perdi
qualunque sia la strada
solo perché lei possa trovarti
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Parthenope- Paolo Sorrentino- 2024/Film